“La felicità è una combinazione di pace interiore,
disponibilità economiche e, soprattutto, pace mondiale”
Dalai Lama 

 

Il business della guerra è redditizio. Nella settimana successiva all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, i prezzi delle azioni delle società che producono strumenti di guerra sono aumentati in modo significativo. L’industria delle armi siamo noi, o almeno lo sono i contribuenti di quegli stati, compresa l’Italia, che produce e vende armi da guerra.  Non è una polemica, ma solo una constatazione. Tra le molte ripercussioni dell’invasione russa dell’Ucraina c’è una proliferazione di governi che spendono soldi in armi.

La Germania, impegnata nel pacifismo sin dalla seconda guerra mondiale, ha dichiarato di aver deciso di spendere oltre 100 miliardi di euro (112,7 miliardi di dollari) per le sue forze armate. Fornirà inoltre all’Ucraina missili antiaerei, razzi anti-carri armati e altre armi. “È nostro dovere sostenere l’Ucraina al meglio delle nostre capacità nella difesa contro l’esercito invasore di Putin”, ha affermato Scholz. “Ecco perché stiamo consegnando 1.000 armi anticarro e 500 missili Stinger ai nostri amici in Ucraina”.

Oltre ai suoi singoli membri, l’Unione Europea, che da tempo promuove il suo “soft power”, sta anche spendendo centinaia di milioni di dollari per acquistare armi per le forze ucraine. E l’amministrazione Biden ha chiesto al Congresso di finanziare 6,4 miliardi di dollari come parte di un pacchetto di aiuti all’Ucraina che include “assistenza alla sicurezza”.

Sebbene i politici abbiano a lungo sostenuto che la spesa per la difesa fa bene all’economia, alcuni studi hanno dimostrato il contrario. Un rapporto dell’Università del Massachusetts (https://bit.ly/3KE0mad) ha rilevato che un miliardo di dollari spesi per energia pulita, istruzione o assistenza sanitaria genererebbe più posti di lavoro di un miliardo di dollari spesi per la difesa. Un miliardo di dollari speso per i servizi educativi creerebbe 17.687 posti di lavoro, a fronte di 12.883 per la sanità e 8.555 per la difesa.

 

 

Chi fa affari dalla guerra?

Tra le prime 10 aziende che hanno vantaggi economici dai conflitti bellici ci sono le principali società aerospaziali. Anche la sorveglianza e le comunicazioni sul campo di battaglia sono sempre più importanti nella guerra moderna. Tutte le aziende tra le prime 10 hanno divisioni elettroniche significative.
Delle 100 società nell’elenco, una quarantina hanno sede negli Stati Uniti, tra cui Boeing, Northrop Grumman e Lockheed Martin. Le società americane rappresentano oltre il 60 percento dei ricavi delle vendite di armi dei 100 produttori. Sette dei primi 10 SIPRI sono americani, uno è britannico, uno è italiano e uno è un conglomerato multinazionale dell’UE.

Tanto per dare qualche dato durante questo mese di scontri a piazza affari Leonardo, solo per fare un esempio, ha conseguito il 41% di crescita, la giovane compagnia Defence Tech ha visto salire del 10% le sue quote, la francese  Thales il +35%, la britannica British Aerospace il +23% e negli Stati Uniti la General Dynamics e la Lockheed rispettivamente +10% e +13% .

Molto bene anche i fondi che speculano sui titoli di alcuni prodotti chiave come il mercato dei futures di petrolio, gas e altre materie prime.

C’è chi specula dall’aumento indiscriminato dei prezzi dei beni di consumo?

Sicuramente si, una speculazione che ha portato il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani ad affermare:  “Stiamo assistendo ad un aumento del prezzo dei carburanti ingiustificato, non esiste motivazione tecnica di questi rialzi – ha spiegato il ministro – e la crescita non è correlata alla realtà dei fatti è una spirale speculativa, su cui guadagnano in pochi. Una colossale truffa a spese delle imprese e dei cittadini”.

Ma non si tratta solo di speculazione.  Il colpo inflazionistico è autoreferenziale e si autoalimenta. Gli hedge fund (HF) – considerate ormai da decenni responsabili delle crisi finanziarie più importanti – stanno facendo il loro danno. Tanto per fare un esempio solo per il gas europeo si parla del 17,8% rispetto al normale prezzo di acquisto. Le grandi compagnie del petrolio, poi, registrano profitti  in aumento da 2 a 6 volte rispetto al 2020.

E citiamo infine  (fonte: Sole 24 Ore) le grandi banche d’affari. Si vocifera di nomi come Goldman Sachs, Bnp Paribas, BofA e Morgan Stanley – che stanno investendo nelle commodity.

Assistiamo dunque a uno scenario in cui ci saranno vincitori (i soliti noti) e vinti.  I settori industriali che se ne avvantaggeranno di più saranno solo quelli della difesa e il loro indotto. Tra gli operatori che potranno festeggiare sono quelli che sono più resilienti allo shock dell’economia di guerra. Una economia che si inserisce in una più difficile e complessa crisi energetica tra le peggiori del dopoguerra.

Quali aziende saranno le prime ad avvantaggiarsi dallo shock post bellico?

Di sicuro la guerra tra Russia e Ucraina segnerà in occidente un profondo divario tra quella che è economia reale e la finanza. Ci sarà crescita ma anche speculazione. Ne trarranno maggiori vantaggi quelle aziende che sono più resilienti al cambiamento. Aziende e Startup che hanno saputo investire in innovazione. Ma anche aziende che hanno saputo cogliere il cambiamento come una opportunità. Il 2021 si è rivelato un anno proficui per  l’innovazione. A causa dei capitali fermi e della pandemia gli investitori hanno dimostrato sempre più interesse nelle startup e scaleup. Nel mondo sono aumentati gli unicorni, ovvero quelle realtà produttive con valutazione superiore al miliardo di dollari. Circa 936 secondo uno studio del Politecnico di Milano, alcune anche in Africa, America Latina, cinque in Turchia. La prova che la volontà di investire in innovazione è mondiale.

 

 

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