In questa intervista Alessandra Arrigo condivide il suo percorso professionale e il ruolo cruciale che svolge attualmente nell’ambito sanitario. Alessandra Arrigo spiega come i social media, se utilizzati strategicamente, possono diventare potenti strumenti di informazione ed educazione su tematiche sanitarie. Inoltre, offre preziosi consigli ai professionisti su come utilizzare al meglio i social media per veicolare informazioni utili e costruire un rapporto di fiducia.
L’intervista a Alessandra Arrigo per Business intelligence Group
Può raccontarci la sua esperienza professionale e il ruolo che svolge attualmente?
Sono Alessandra Arrigo, laureata in Comunicazione, media e pubblicità con una specializzazione in Marketing. Dopo essermi occupata per oltre dieci anni di ufficio stampa e comunicazione istituzionale per alcune grandi aziende della moda, della grande distribuzione e del settore sanitario, da tre anni collaboro con medici e professionisti sanitari come Social Media Strategist. Il mio lavoro oggi consiste nell’aiutare i professionisti della salute a farsi conoscere tramite i social media dalla propria utenza di riferimento. In parallelo, collaboro con le aziende sanitarie supportandole nella promozione di progetti volti alla tutela della salute.
In quanto social media strategist nel settore della sanità: in che modo il social media strategist può informare ed educare il pubblico di riferimento su tematiche sanitarie? Quali sono i principali canali utilizzati da associazioni, aziende, ospedali e dagli enti che operano nel settore sanitario?
Se usati con accortezza, buon senso e strategia, i social media sono uno strumento potente per far luce su molte tematiche di salute. Basta pensare a come la comunicazione social, per sua natura immediata e diretta, riesce facilmente a sfatare miti e luoghi comuni o a sovvertire tabù. Penso per esempio all’enorme lavoro di divulgazione e sensibilizzazione che è stato fatto nell’ambito della psicoterapia, dall’inizio della pandemia ad oggi, da alcuni professionisti della salute mentale sui social. Ma come Social Media Strategist ritengo che la mia professione oggi abbia un impatto maggiore nell’aiutare il professionista a trovare la chiave “giusta” per raccontarsi e per raccontare la propria professione online in modo serio, credibile e rispettoso per il paziente.
Ciò che riscontro spesso infatti è una costante difficoltà nel ricercare il linguaggio e lo stile di comunicazione più appropriato per esporsi e parlare di salute sui social quando si toccano temi sensibili che riguardano i percorsi di diagnosi, cura, prevenzione o riabilitazione. La domanda che mi sento fare sempre più spesso è “come ne parlo?” piuttosto che “di cosa parlo?” Quanto ai principali canali utilizzati dai centri medici e dalle aziende sanitarie, rilevo ancora un forte utilizzo della pagina Facebook. Seguono le pagine Instagram e il sito come canale istituzionale, ritenuto da molti professionisti del settore imprescindibile per orientare l’utente lungo le fasi di ricerca e di consultazione sino alla richiesta di prenotazione.
Un settore tradizionale come quello sanitario si sta aprendo sempre di più alle nuove tecnologie emergenti “sfruttando” le sue potenzialità in maniera positiva. Quali sono le potenzialità dei social e come gli strumenti social possono essere usati per condividere best practice e cultura nell’ambito della sanità?
I social offrono l’opportunità di aumentare la consapevolezza sui temi che riguardano la salute offrendo soluzioni, illustrando i benefici delle terapie, mettendo in contatto il paziente con il medico che fa meglio al caso suo. Perché una comunicazione efficace al servizio della salute, che passa anche dai social media, nel lungo periodo è capace di influenzare percezioni e credenze, di spingere le persone ad azioni di prevenzione e cura verso se stessi, mostrando -nei casi in cui è possibile- come può cambiare la qualità della vita prendendo in carico i propri disturbi o rivolgendosi a un professionista.
Nel momento in cui sempre più persone riescono a riconoscere alcuni campanelli d’allarme o a prendere sul serio determinati sintomi, dopo aver letto o ascoltato uno specialista che ne parla, la divulgazione su questi canali mostra chiaramente le sue infinite potenzialità. Andando in questa direzione, sono sempre di più le strutture sanitarie che nel pubblico si avvalgono dei canali social come Instagram e TikTok per coinvolgere anche i più giovani nelle scelte di salute e prevenzione che riguardano il loro benessere psicofisico, come è stato per il progetto “Trust your body and follow me” all’interno dell’iniziativa promossa dall’Assessorato regionale alla Salute.
Potresti raccontare un caso di successo in termini di innovazione e di inclusione svolto sui social?
Il lavoro svolto presso lo Studio di Radiologia di una piccola realtà locale in provincia di Palermo rappresenta un bel caso di successo, se guardiamo alla concretezza dei risultati raggiunti. Si partiva da uno Studio presente sul territorio delle Madonie da trent’anni, una realtà storica che aveva bisogno di rinnovarsi e di far conoscere alcuni servizi a una nuova tipologia di utenza, a seguito di un ampliamento della struttura.
Un caso che ha avuto successo grazie alla profonda sinergia tra comunicazione online e offline. Dopo un’attenta analisi svolta in partenza infatti, a fronte degli obiettivi strategici individuati come l’aumento del fatturato e l’acquisizione di nuovi pazienti, il posizionamento come Centro diagnostico di alto profilo e il desiderio di accompagnare l’utenza verso una scelta consapevole dell’esame più adatto, le attività messe in campo sono state diverse e non hanno riguardato soltanto i social media.
Tra le principali attività implementate:
1) periodiche campagne di sensibilizzazione alla prevenzione con il lancio di percorsi check-up differenziati
2) un piano di comunicazione social volto a fidelizzare l’utenza, sviluppare la conoscenza sui temi di salute, diventare punto di riferimento sul territorio e differenziarsi dagli Studi limitrofi
3) una Newsletter settimanale di taglio divulgativo orientata alla conversione. L’insieme di tutte queste attività, svolte per un periodo continuativo di 6 mesi, ha portato lo Studio a superare per la prima volta l’obiettivo di fatturato con un +18% sul mese precedente, acquisire 54 nuovi pazienti, triplicare le prestazioni sull’anno precedente, alimentare un passaparola positivo e proattivo tra i pazienti.
Quale consiglio darebbe ai medici e professionisti sanitari che vogliono utilizzare i social media per veicolare informazioni del loro settore?
Di non utilizzare i social come pura vetrina, per quello è sufficiente un sito ben fatto, e di farsi portavoce di un messaggio verso i propri pazienti, attuali e potenziali. Il trend delle pagine social esteticamente perfette e prive di un reale valore per la propria utenza, nel settore medico-sanitario, quasi mai porta a raggiungere risultati concreti in termini di crescita. In molti pensano ancora che stare sui social significhi pubblicare belle immagini e avere tanti followers, quanto di più errato per chi si occupa di salute.
Ma questo è il corto circuito che si attiva, più o meno consapevolmente, quando si inizia a comunicare sui social ispirandosi al “modello influencer” che però è un modello basato esclusivamente sull’immagine e non sul messaggio. Chi è un medico, un professionista sanitario e ha a che fare con la salute invece, necessita di usare i social per farsi conoscere ed essere utile, passando inevitabilmente per la costruzione di un rapporto di fiducia.
Vi sono dei progetti in corso o delle collaborazioni?
Sì, attualmente collaboro con il Centro Screening dell’Azienda Sanitaria Trapanese per un progetto che rientra nel Piano Nazionale della Prevenzione. La mia figura in questo ambito è stata richiesta per supportare e incrementare le adesioni agli screening oncologici, a partire da una revisione di quelli che sono i canali di contatto e informativi verso l’utenza. In tal senso è previsto un piano di rilancio della comunicazione che coinvolgerà i tre programmi di screening messi a disposizione dall’Asp Trapani, nonché lo screening del colon retto, della mammella e della cervice uterina.