L’Australia ha recentemente introdotto una legge che vieta ai minori di 16 anni l’accesso ai principali social network. Una svolta decisiva che obbliga piattaforme come Facebook, X e Instagram a introdurre misure che impediscano ai più giovani la creazione di un account. Si dichiara soddisfatto il primo ministro Anthony Albanese che ha definito i social “un motore di ansia, un veicolo per i truffatori e uno strumento per i predatori online”.
Cosa prevede la normativa australiana
La decisione australiana, che prevede multe fino a circa 30 milioni di euro, è la più severa adottata finora e ha riacceso il dibattito anche in Italia, dove è stata già depositata in Parlamento una proposta di legge che mira a vietare l’accesso ai social ai minori di 15 anni e a regolamentare anche il settore dei baby influencer.
Proposta che ha unito le opposizioni che oggi chiedono di velocizzare il processo di approvazione. A tal proposito, Simona Malpezzi in un’intervista per Orizzonte Scuola ha dichiarato “L’Australia ha vietato i social media agli under 16 con una legge votata da tutto il parlamento. Possiamo farlo anche noi”.
Il rapporto tra i giovani e il digitale
Una fotografia chiara del rapporto tra giovani e digitale emerge dall’Atlante dell’Infanzia 2023 pubblicato da Save The Children a novembre dello scorso anno. Dallo studio emerge che circa la metà dei ragazzi italiani, di età compresa tra gli 11 e i 19 anni, passa oltre cinque ore al giorno online e che il 37% del campione controlla il proprio smartphone più di 10 volte al giorno.
L’utilizzo dei dispositivi elettronici da parte dei ragazzi tra i 14 e i 17 anni è legato soprattutto alle app di messaggistica istantanea (93%). In crescita anche la visione di video, praticata dall’84% dei giovani, mentre il 79% accede ai social media, come Instagram, TikTok e Snapchat.
Internet addiction disorder
Nonostante la dipendenza da Internet non sia stata ancora classificata nel DSM 5 e nell’ICD 11 come disturbo, essa è al centro del dibattito della comunità scientifica. La complessità della questione risiede nei molteplici usi che si fanno della rete, rendendo difficile stabilire con certezza quando si oltrepassa il confine verso la dipendenza.
Tuttavia, alcuni segnali possono far accendere un campanello dall’allarme e segnalare una condizione che è possibile definire disfunzionale.
In particolare, tra i principali sintomi da monitorare ci sono:
- Pensare costantemente alla navigazione su Internet quando si è offline
- Aumento del tempo speso online e riduzione dell’interesse per le attività offline
- Ignorare le proprie responsabilità nella vita quotidiana
- Isolamento sociale
Gli aspetti positivi dello stare in rete
È ormai noto che l’utilizzo smodato della rete e dei social porti effetti negativi tangibili, ma non è possibile sottovalutare gli aspetti positivi di queste piattaforme. Tra questi rientra la possibilità di creare una Community di persone che condividono gli stessi interessi, favorendo così il senso di appartenenza e riducendo sentimenti di solitudine.
Inoltre, i social media possono diventare un potente mezzo di espressione individuale favorendo l’emergere dei talenti e aprendo la strada verso il successo per i più meritevoli. Un altro beneficio importante riguarda l’accesso a contenuti educativi e informativi grazie a piattaforme come YouTube e Reddit, spazi dove è possibile apprendere nuove competenze e approfondire materie di interesse.
Infine, gli utenti possono farsi portavoce di movimenti globali e diventare protagonisti di cambiamenti come il cambiamento climatico, i diritti civili e l’inclusività.
Il parere del Gold Panel di Business Intelligence Group
La complessità dell’argomento e le difficoltà legate all’applicazione delle normative non scoraggiano il popolo, che sostiene le azioni dei Governi volte a limitare l’uso dei social. Secondo un sondaggio condotto da YouGov, il 61% degli australiani ha dichiarato di supportare l’iniziativa del governo ad agosto. Il consenso è aumentato al 77% a novembre, quando è stata approvata la legge.
Business Intelligence Group si è rivolta al Gold Panel composto da professionisti appartenenti a diversi settori dell’industria italiana per sondare il sentiment riguardo la normativa introdotta recentemente dall’Australia.
Il Gold Panel si è dichiarato molto favorevole alla misura: il 69% si dichiara “completamente d’accordo”, il 21% “abbastanza d’accordo”.
Solo il 5% ammette di essere poco d’accordo con l’iniziativa, seguito dal 4% che dimostra pieno dissenso. Questo ampio consenso suggerisce che le politiche adottate dall’Australia siano viste positivamente anche in Italia, indicando un forte interesse e un potenziale consenso verso le misure proposte e attualmente in fase di approvazione.