Il Petrolio è la commodity più importante al mondo ed è tuttora la primaria fonte di energia disponibile per l’umanità. Tuttavia, tra vuoto di domanda, crisi Russa e futuro incerto, il mercato globale del petrolio così come lo si conosce si sta letteralmente dissolvendo
Il petrolio è una commodity, una materia prima, che appunto viene scambiata nel mercato finanziario attraverso futures. L’attore principale del mercato petrolifero è l’Opec (Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio). Attualmente conta dodici Paesi ed è influenzata dal potentissimo sceicco saudita Zaki Yamani.
Come funziona il mercato del petrolio?
I due mercati principali per lo scambio di petrolio sono il NYMEX di New York e l’Intercontinental Exchange di Atlanta, entrambi di proprietà statunitense. In particolare, il mercato petrolifero dipende dal mercato spot nel quale le compagnie petrolifere effettuano le compravendite di petrolio grezzo sottoforma di lotti di 1000 barili indivisibili. Su questi due mercati sono quotati rispettivamente contratti per petrolio di qualità WTI – West Texas Intermediate e Brent Blend per consegna immediata spot o futures.
In entrambi, il prezzo del petrolio e la quotazione avvengono in dollari. In realtà, le transazioni di petrolio WTI e Brent Blend costituiscono solo una piccola parte del totale degli scambi, ma i prezzi che li caratterizzano sono utilizzati anche come prezzo di riferimento per gli altri scambi. Di preciso quando ci sono più posizioni in acquisto che in vendita, il prezzo del barile di petrolio sale. Mentre, quanto i venditori sono più numerosi degli acquirenti il prezzo del barile scende.
I contratti per petrolio di qualità WTI – West Texas Intermediate sono utilizzati principalmente per quotare petroli prodotti in Nord e Sud America. Mentre il Brent Blend è utilizzato per quelli prodotti in Europa, Russia, Africa e Medio Oriente.
Le altre compagnie nel mercato petrolifero
Oltre al NYMEX di New York e l’Intercontinental Exchange di Atlanta esiste un numero limitato di altre compagnie petrolifere che fanno gli interessi dei paesi occidentali nel settore petrolifero. Queste sono conosciute come le “Sette Sorelle“. E i loro nomi sono i seguenti:
- BP-Amoco
- Conoco-Phillips
- Chevron-Texaco
- ExxonMobil
- Repsol-YPF
- Total-Fina-Elf
- Shell-Duvernay Oil
Inoltre, accanto a questi potenti attori, esistono i trader ed i broker che cercano di guadagnare sul mercato petrolifero. In particolare, i primi assumono posizioni in proprio, e hanno come business principale l’acquisto del greggio, l’attività di gestione navi e di raffinazione. Mentre, i broker sono sostanzialmente dei mediatori che favoriscono l’incontro tra il compratore ed il venditore di greggio a fronte di una commissione di negoziazione.
Il mercato petrolifero in Italia
L’Italia è il 49° produttore di petrolio nel mondo. I pozzi di petrolio e di gas in Italia sono modesti, molto frammentati e spesso situati a grandi profondità o offshore. È proprio questa situazione che ha reso difficile sia la loro localizzazione che il loro sfruttamento.
La produzione di petrolio e di idrocarburi in Italia risale al XIX secolo e si è notevolmente sviluppata a partire dal secondo dopoguerra grazie a tecniche industriali. Ciò specialmente in seguito al ritrovamento di significativi quantitativi di gas naturale, soprattutto in Basilicata e Calabria.
Oggi i giacimenti più importanti di petrolio offshore si trovano in Sicilia, di preciso a Ragusa a 1500 metri di profondità, a Gela a 3500 metri di profondità e a Gagliano Castelferrato a 2000 metri di profondità dove si produce gas. Inoltre, ci sono giacimenti anche in Basilicata in Val d’Agri e nel Ravennate a Porto Orsini.
La ricerca di giacimenti di petrolio
La ricerca petrolifera prosegue ancora oggi, con una produzione petrolifera attorno ai 105.000 barili al giorno (dati 2012), mentre quella gassifera è di circa 15 miliardi di metri cubi. Infatti, il picco di produzione petrolifera in Italia è stato raggiunto nel 1997, e la velocità di esaurimento corrente è del 3,1%.
Tuttavia, l’estrazione petrolifera è un’operazione molto costosa che ha ripercussioni negative sull’ambiente. Ciò perché prevede esplorazioni sismiche, perforazioni e scarti altamente inquinanti che disturbano l’ambiente marino e danneggiano i fondali ricchi di alghe. Inoltre, sono inevitabili e molto frequenti gli incidenti specie durante le ricerche offshore.
La situazione attuale
Per svariati decenni il petrolio ha rappresentato la principale fonte energetica d’Italia. Basti pensare che per ogni italiano si utilizzano in media 7,5 barili di petrolio all’anno, pari a circa tre litri al giorno. Questo è stato superato dal gas solo da pochi anni. È proprio per questo che l’Italia è fortemente dipendente dalle importazioni dall’estero. Infatti, nel 2021 la produzione nazionale ha soddisfatto appena il 7% della domanda interna che è pari a 75 milioni di tonnellate. Così si trova costretta ad acquistare il restante 93% da altri Paesi extraeuropei. Ciò perché sia per il petrolio, come anche per il gas le riserve nazionali sono assai limitate, tanto che secondo i dati del Ministero della transizione ecologica basterebbero a malapena a soddisfare un anno di consumi.
Mercato petrolifero: l’import- export di petrolio
Il primo fornitore di petrolio è l’Azerbaijan, infatti, nel 2021 ha garantito all’Italia il 19% delle importazioni di prodotti petroliferi. Seguito da Libia con il 15%, Russia e Iraq con il 12% e dall’Arabia Saudita con l’8%. Tuttavia, l’importazione oltre ad essere differenziata in relazione ai Paesi di origine, lo è anche per le tipologie di prodotti importati.
La maggior parte delle importazioni, circa l’80%, riguarda il petrolio greggio, ma fondamentali sono anche le importazioni di altri prodotti derivati, semilavorati o finiti, come nafte, lubrificanti, benzine e GPL. D’altro canto l’Italia ha anche una lunga tradizione nella lavorazione dei prodotti petroliferi. Tanto che nel 2021 ha esportato circa 25 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi finiti, pari a un terzo della domanda nazionale.
Così, nonostante la Russia non sia il primo fornitore nazionale della Penisola, dato che tra i principali fornitori ci siano gli stati autoritari del Nord Africa e della Penisola Araba il rischio di stabilità è alto e la dipendenza dai prodotti petroliferi è pericolosa. Situazione che potrebbe essere mitigata in modo significativo da una transizione energetica ecologica e green.
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